De Padova

Nel 1956 Fernando e Maddalena De Padova iniziano la propria attività imprenditoriale portando in Italia, nello showroom di via Montenapoleone a Milano, il design del nord Europa e le sue forme nette, pulite, lineari. Negli anni ’60, Maddalena ottiene dall’azienda americana Herman Miller la licenza di produzione per l’Italia dei prodotti disegnati da Charles Eames e George Nelson: viene fondata la ICF De Padova, con sede a Vimodrone.
Negli anni ’80 De Padova cede il marchio ICF e dà vita a una linea di mobili e oggetti a marchio De Padova. Nascono le “Edizioni De Padova”, che diventeranno poi “ē De Padova”. Tra i grandi maestri che hanno contribuito a indicare la strada, e renderla straordinaria: Pierluigi Cerri, Michele De Lucchi, Charles e Ray Eames, Ingo Maurer, George Nelson, Dieter Rams, Renzo Piano e, soprattutto, Vico Magistretti e Achille Castiglioni. Una grande sinfonia, alla quale si sono poi aggiunte, a partire dall’inizio degli anni 2000, le note di talentuosi designer emergenti, arricchendone la proposta.
Nel 2015, la fusione con Boffi accentua questa inclinazione verso nuove connessioni, decretando un nuovo inizio per il mondo De Padova. 

La collaborazione con De Padova raccontata da Vico:

“La Marocca l’ho disegnala per una collezione che ho fatto per Maddalena De Padova, che è una donna di un dinamismo incredibile.
Tra l'altro lavorare con lei non è facile, almeno per me, è una tremenda lotta perché non è mai contenta. Ma questa è la sua magia che poi è anche utile perché altri produttori sono facilmente vittime dell’entusiasmo, sono portati a dire sempre di sì. È nata così, a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, una serie di mobili con un bel filo conduttore e di cui, bisogna riconoscerlo, il merito è suo. E poi con Maddalena devi darle il fiammifero, al fuoco ci pensa lei."

Maddalena De Padova racconta l'inizio della collaborazione con Vico:

“All'inizio difficile, anzi diciamo che era proprio un'altra cosa. Vico lavora sul concetto. Eames e gli altri lavoravano sulla definizione massina del dettaglio del prodotto. In più, non vedevo il prodotto finito che dopo mesi. Un conto è scegliere un oggetto già costruito, un altro è immaginarlo, magari partendo unicamente da uno schizzo o anche solo da un’idea. E in questo, Vico è sempre stato bravissimo. I letti, le sedie, i divani: tutto nasceva da un’intuizione. Gli americani facevano mobili che non fossero facilmente imitabili e quindi sceglievano la strada della tecnologia, costosa e complicata. Gli oggetti di Vico hanno sempre seguito la via della semplicità. E io comunque non ho mai perso la lezione di Eames e Nelson, cioè pensare sempre alla connessione tra le cose. Per cui appena Vico proponeva qualche mobile, cercavo di immaginare l’ambiente intorno.”