Vico Magistretti

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Biografia

La formazione

Ludovico Magistretti nasce a Milano il 6 ottobre 1920. Proviene da una famiglia di architetti da molte generazioni: il suo bisavolo Gaetano Besia ha costruito Palazzo Archinto, divenuto poi Reale Collegio delle Fanciulle Nobili a Milano; suo padre, Pier Giulio Magistretti, ha partecipato alla progettazione dell’Arengario di piazza del Duomo. Vico, come viene chiamato in famiglia e non solo, frequenta il liceo classico Parini e si iscrive, nell'autunno del 1939, alla Facoltà di Architettura del Regio Politecnico di Milano.

“Io sono nato in una famiglia borghese, della media borghesia. Mio nonno faceva il professore di liceo e mio padre ha fatto l’architetto. (…) Allora sono nato in un ambiente molto milanese perché siamo milanesi da molte generazioni.
Invece il mio bis bisnonno, però di altra famiglia - di discendenza femminile - era l’architetto Gaetano Besia che ha fatto quel bellissimo Collegio Reale delle Fanciulle qua di fianco all’angolo, palazzo Archinto.”

Dopo l’8 settembre 1943, durante il servizio di leva, per evitare la deportazione in Germania, si allontana dall’Italia e si trasferisce in Svizzera dove ha modo di proseguire gli studi presso il Champ Universitaire Italien di Losanna, istituito nella locale università.

Durante la permanenza nella città elvetica incontra Ernesto Nathan Rogers, fondatore dello studio BBPR e rifugiato in Svizzera a causa delle leggi razziali. Sarà questo un incontro importantissimo per la formazione intellettuale e professionale di Magistretti, che riconosce nell’architetto triestino il proprio maestro.

“Io ho una grande, forte gratitudine con chi mi ha insegnato moltissimo nell’architettura perché è stato mio professore, Ernesto Rogers. Ernesto Rogers è stato proprio uno dei miei carissimi amici, un venerato amico. Perché è uno che ha sempre individuato nell’esame per esempio dei progetti, nell’esame di quello che stavamo facendo, di quello che stavamo disegnando una perfetta separazione tra quello che è importante e quello che è meno importante.”

Nel 1945 torna a Milano, dove il 2 agosto si laurea in Architettura al Politecnico. Inizia subito l'attività professionale nello studio del padre, Pier Giulio, scomparso quello stesso anno.

Qui, nel piccolo studio paterno, lavorerà per oltre sessant’anni con il geometra Franco Montella, suo storico e straordinario assistente dal 1951 al 2003.

“Da mio padre ho pigliato l’abitudine di andare, da quando ero piccolo, in studio. Quindi mi sono abituato, come dire, all’odore dello studio.”

Nel 1946 partecipa alla mostra della RIMA (Riunione Italiana per le Mostre di Arredamento), tenutasi presso il Palazzo dell’Arte, con alcuni piccoli mobili quasi autocostruiti e successivamente, nel 1947 e nel 1948, insieme ai Castiglioni, a Zanuso, Gardella, Albini e altri, partecipa alle mostre organizzate da Fede Cheti, creatrice di tessuti per l’arredamento, nel proprio atelier.

“Ci fu una mostra nel '48 che io considero la vera nascita del design Italiano, ancor prima delle Triennali ed è la mostra della Fede Cheti.”

Durante la VIII Triennale, partecipa all'impresa collettiva del QT8 con i progetti delle case per i reduci d'Africa e della chiesa di Santa Maria Nascente, con Mario Tedeschi.

Gli anni '50

Tra il 1949 e il 1959, nella Milano della ricostruzione, Magistretti progetta e realizza in collaborazione con altri architetti e ingegneri circa 14 interventi per l’INA-Casa.

Nella Milano delle Triennali, particolare rilievo assume la sua partecipazione alla IX (Medaglia d'oro) e alla X edizione (Gran Premio).

“La Triennale è stata nel primo dopoguerra uno strumento di informazione, diffusione e sperimentazione straordinario. Da lì venne una spinta a conoscere, a sapere cosa si faceva fuori dall’Italia, non solo in architettura.”

Nel 1956 è tra i promotori dell’Associazione per il Disegno Industriale (ADI) con De Carli, Dorfles, Gardella, Munari, Nizzoli, Peressutti, Rosselli, Steiner e due aziende (Kartell e Officine Meccaniche Pellizzari). Nello stesso anno fa parte per la prima volta, ne seguiranno molte altre, della giuria del Premio Compasso d'Oro.

Gli anni ‘50 sono densi d’iniziative e di proposizioni innovative da parte del giovane architetto che, in breve tempo, si conferma come una delle più brillanti presenze fra gli esponenti della "terza generazione", anche grazie alla realizzazione di due significativi edifici a Milano: la Torre al Parco in via Revere (1953-56, con Franco Longoni) e il palazzo per uffici in corso Europa (1955-57).

Sono numerosi in questi anni, ma lo saranno anche nei decenni successivi, gli interni domestici realizzati da Magistretti: dai grandi appartamenti borghesi fino alle cellule abitative in edifici condominiali. Sono progetti lontani da ogni intento decorativo, capaci di creare dei volumi adatti a chi li abiterà e dai quali emerge un’idea del vivere elegantemente libera e disinvolta, che caratterizzerà anche il design di Magistretti e ne costituirà tratto linguistico precipuo. Tra questi si ricordano: l’appartamento in via Goito a Milano (1953-59) e quello in via Verri (1953-54) negli anni ’50; le cellule abitative della casa in Corso di Porta Romana (1962-67) e delle case MBM al Gallaratese a Milano (1963-71) negli anni ‘60.

“La casa è di chi ci abita. Detesto arredare per gli altri. Io posso dare un taglio a un’abitazione, ma poi ognuno deve poterci mettere dentro il mobile Maggiolini o la sedia di avanguardia in piena libertà. Un’altra cosa che non sopporto sono le case troppo curate, perfette, tutte belle moderne o tutte belle antiche. Il posto dove si abita deve essere vivo, ricco di testimonianze del presente e del passato delle persone, deve raccontare la loro storia.”

Nel 1959 partecipa al Congresso Internazionale di Architettura Moderna (CIAM) di Otterlo in Olanda, dove gli italiani presentano la Torre Velasca dei BBPR, la mensa Olivetti di Ignazio Gardella, la casa Arosio ad Arenzano di Vico Magistretti (1956-59), le case a Matera di Giancarlo De Carlo. Queste opere provocano un grande scandalo e sono in un certo senso l'emblema della crisi profonda che in quegli anni colpisce il CIAM, fino ad allora protagonista indiscusso del dibattito intorno all'architettura, tanto che questo del ’59 sarà l’ultimo congresso.
Il progetto della piccola casa di Arenzano è quello che consente a Magistretti di trovare la propria immagine, di scoprire il proprio linguaggio.

“Ho partecipato con Ernesto Nathan Rogers, Gardella e De Carlo all’ultimo Congresso del CIAM a Otterloo (Olanda) dove il Sacro Collegio, in questo caso del CIAM ci ha scomunicati anche perché avremmo osato utilizzare, nelle nostre architetture presentate, elementi legati all'architettura del paesaggio locale circostante. Nel mio caso, molto modestamente, le persiane alle finestre.”

Gli anni ‘60

La particolare attenzione rivolta al tema della casa e dell'abitare finirà per monopolizzare, a partire dagli anni ’60, la sua attività di architetto, facendogli mettere a punto un linguaggio estremamente espressivo che, seppur talvolta criticato, avrà molta presa sulla cultura architettonica lombarda del periodo, permettendogli di divenirne uno dei protagonisti.

Magistretti è inoltre uno dei padri del cosiddetto Italian Design, fenomeno che lui stesso definisce “un miracolo” che si è potuto verificare solo grazie all’incontro di tre componenti essenziali: gli architetti, i produttori e gli artigiani.

“La nascita dell’Italian Design deve moltissimo al colloquio stretto tra la produzione e chi progetta: è nato dai produttori che volevano cambiare, crescere, evolvere. E – anche per questo – dura dal 1960.”

A partire dagli anni ‘60 inizia a collaborare con produttori come Artemide, Cassina e Gavina, realizzando per loro oggetti che rimarranno dei classici della produzione contemporanea.

Il primo pezzo, prodotto disegnato da Magistretti risale al 1960: la sedia Carimate, pensata per arredare il ristorante del golf club progettato insieme a Guido Veneziani a Carimate, nel comasco, e messa in produzione da Cassina.

"Ricordo di avere fatto anche una sedia per un lavoro di architettura. È stato il mio primo lavoro di produzione industriale. È quella sedia rossa di cui parlavamo all’inizio, realizzata nel 1959-1960, che è stata scoperta alla Triennale da Cesare Cassina: si chiama Carimate. È stata una delle sedie di grande diffusione: diversi ristoranti la utilizzavano. Richiamava l’immagine di alcuni giochi per bambini, che era innovativa. Tutto ciò è nato per la Triennale di 1960, durante la quale sono stati esposti un gruppo di altri oggetti che mi sembrano, ancora oggi, straordinari."

Per Artemide disegna anche una serie di lampade, tra cui la Mania (1963), la Dalù (1966), la Chimera (1969), la famosissima Eclisse (1966, premio Compasso d’oro 1967). Tra gli oggetti di arredo, dopo i tavolini Demetrio (1966), progetta la sedia Selene (1969), che, con la Panton Chair e l’Universale di Joe Colombo, si contende il primato della prima sedia in plastica al mondo.

“Però la semplicità dell'ombrello, il niente dell'ombrello, la tensione dell'ombrello lo rendono l'oggetto che io vorrei aver disegnato più di tutti. Invece ho finito per disegnare quella scemata di lampada lì (n.d.r. Eclisse), che però dura ancora perché ha segnato, anche con le scottature sulle dita per girare la lampadina, qualche generazione. Questa è una bella soddisfazione.”

Nel campo dell’architettura questi i principali interventi: la casa di piazzale Aquileia a Milano (1961-64), la casa Bassetti ad Azzate (1959-62), la casa Cassina a Carimate (1964-65), la casa in via Conservatorio a Milano (1963-66), il Municipio di Cusano Milanino (1966-69), il quartiere Milano San Felice a Segrate (1966-69, con Luigi Caccia Dominioni).

Gli anni ‘70

Il decennio successivo vede l'attività architettonica di Magistretti sempre più affiancata a quella di designer; per Cassina si aggiungono numerosi altri prodotti: il divano Maralunga (1973, premio Compasso d’oro nel 1979), il divano Sindbad (1981) e la poltrona Veranda (1983).

Dal 1973 al 1979 Magistretti è anche art director, oltre a principale designer di Oluce, imprimendo nella produzione dell’azienda una traccia inconfondibile. Tra i suoi progetti ci sono lampade conosciute e riconosciute nel mondo intero: Snow (1974), Sonora (1976), Atollo (1977, premio Compasso d’oro 1979), Pascal (1979), e Kuta (1980).

“Nella lampada la cosa più importante è la luce. Ho pensato di mostrare tre luci diverse a seconda delle parti della lampada. Cupola scura (nasconde la lampada), cono luminosissimo e bianchissimo. Cilindro di base grigio. Andava bene su un tavolo. Molto prodotta.”

Sul finire degli anni 70, Vico disegna per Flou il letto Nathalie (1978), primo letto tessile interamente imbottito e primo di moltissimi progetti firmati da Magistretti per l’azienda diretta da Rosario Messina.

“Il segreto del successo di Nathalie sta in un’innovazione basilare, in seguito molto copiata: l’utilizzo in forma rigida del piumone, che fino ad allora era stato sempre sfruttato soltanto come coperta mentre con Nathalie diventa una morbida testata alla quale appoggiarsi.”

Sul versante dell’architettura è l'epoca della casa in piazza San Marco a Milano (1969-71), della casa Muggia a Barzana (1972-73), della Locanda dell’Angelo ad Amelia (1973-75) e della Facoltà di Biologia dell’Università Statale di Milano (1978-81, con F. Soro).

Gli anni ‘80

Risale al 1979 l’inizio dell’attività di insegnamento di Magistretti, in qualità di visiting professor, al Royal College of Art di Londra, di cui nel 1983 diviene membro onorario.

"Amo quel paese perché è una vera, grande nazione che si riconosce nello Stato, il quale governa basandosi sul consenso. Sono perciò riconoscente al Royal College of Art che mi ha permesso di approfondire la mia conoscenza dell’Inghilterra e degli inglesi."

L’amore di Vico per la Gran Bretagna viene ricambiato e nel 1986 l’architetto è premiato con il prezioso riconoscimento anglosassone: la medaglia d’oro dal SIAD, Society of Industrial Artists and Designers.

Parallelamente all’insegnamento – dal 1987 è anche professore alla Domus Accademy di Milano - continua il suo lavoro di architetto in Italia e non solo. Tra le opere di architettura del periodo si annoverano la casa Tanimoto a Tokyo (1985-86), il Centro Servizi Cavagnari della Cassa di Risparmio a Parma (1983-85) e il Tecnocentro della Cassa di Risparmio di Bologna a Casalecchio di Reno (1986-88).

Alla fine degli anni ’80 si afferma anche il sodalizio con un editore d’eccezione: Maddalena De Padova. Dopo la cessione alla fine degli anni ’70 della ICF, che produceva in Italia i mobili per ufficio della Herman Miller e per la quale Magistretti aveva disegnato diversi prodotti come Davis (1978) e INTERparete (1981), la De Padova dà vita a una linea di mobili e oggetti a marchio Edizioni De Padova, poi è De Padova, alla quale collaborano grandi designer come Achille Castiglioni e Dieter Rams, ma soprattutto Vico Magistretti.
La collezione è De Padova firmata da Magistretti comprende tra i classici: la sedia Marocca (1987), il tavolo Vidun (1987), il divano Raffles (1988), la sedia Silver (1989) e la sedia girevole Incisa (1992).

“La seduta e lo schienale della mia sedia Silver per De Padova nascono dai cestini usati per uova nei mercati giapponesi. Uguale il materiale, uguali i rapporti, nessuna fantasia.”

Gli anni ‘90

Sul fronte dell’architettura, i più importanti progetti realizzati negli anni ’90 sono: il Deposito Famagosta per Metropolitana Milanese (1989-2002), i nuovi uffici della Barilla a Pedrignano (1991-94), il supermercato Esselunga di Pantigliate (1997-2001).

Sul fronte del design sono molti gli oggetti firmati dall’architetto che entrano in produzione.

In questo ambito, il lavoro di Vico Magistretti si declina sempre più in modo diverso in relazione alle diverse aziende con le quali instaura una collaborazione che va al di là della progettazione del singolo oggetto.

Dopo il Nathalie, inventa per Flou un altro letto innovativo: Tadao (1993) la cui base insieme alla testata è una rivisitazione essenziale della struttura a doghe.

Anche nella collaborazione, cominciata a metà degli anni ’60, con Schiffini Mobili Cucine, Magistretti non si accontenta di tipologie tradizionali. Con la cucina Campiglia (1990) modera l’uso dei pensili con l’introduzione di mobili alti tipo credenza. Con Solaro (1995) trasforma le tradizionali ante degli elementi base in pratici e ampi cassettoni. Con Cinqueterre (1999) utilizza invece un semilavorato industriale, un estruso di lamiera ondulata in alluminio, che determina formalmente ogni elemento.

“Sono ormai 15 anni o forse più che lavoro per la Schiffini, in questo tempo il nostro rapporto non è cambiato, lo per loro svolgo un’attività di con­sulenza, discutiamo insieme delle proposte, dei nuovi modelli che poi vengono sviluppati dal­ l’azienda.”

Negli anni ’90 per Magistretti cominciano tre nuove collaborazioni: con Kartell, con Campeggi e con Fritz Hansen. Per la prima Vico disegna quattro sedie, una di queste, Maui (1996), per il successo internazionale che ottiene è probabilmente la sedia più venduta disegnata da Magistretti.

"(...) quando faccio una sedia per la Kartell come la Maui (una delle mie più belle, del 1996), e ne vendono centocinquantamila ogni anno - il che vuoi dire che ce l'hanno tutti -, diviene chiaro che il grande segreto del design è il numero: il grande numero."

L’incontro e il lavoro con Claudio Campeggi danno modo a Vico di applicare quella revisione sottile e ironica della tradizione anonima del design per progettare oggetti discreti ma connotati dalla sua personalità: la sedia Kenia (1995), nuova e leggera Tripolina o il letto Ospite (1996), rivisitazione di una branda da campo.

A metà degli anni ’90 Magistretti inizia a collaborare con l’azienda danese Fritz Hansen, disegnando per loro tre sedie: Vico (1994), VicoDuo (1997) e VicoSolo (1999).

“Il mio grande sogno diventa realtà. Ho sempre voluto venire a lavorare per Fritz Hansen e stare in Danimarca, è un paese che amo e ammiro. La mia fascinazione per questo paese ha inizio quando io ero un giovane architetto e apprendevo del modernismo danese e vedevo gli arredi progettati da architetti come Arne Jacobsen, Finn Juhl, Hans J. Wegner, Bøorge Mogensen e Poul Kjaerholm. Arredi danesi dagli anni cinquanta hanno sempre ispirato gli architetti italiani.”

Nel 1994 Magistretti riceve il premio Compasso d’Oro alla carriera.

Nel 1997 il Cosmit, ente organizzatore della fiera del Salone del Mobile di Milano, dedica a Vico Magistretti una mostra monografica curata da Vanni Pasca, con progetto di allestimento di Achille Castiglioni con Ferruccio Laviani.

Gli anni 2000

Gli anni 2000 vedono Magistretti impegnato principalmente sul fronte del design.

Sono molti i nuovi progetti per Campeggi: la poltrona pieghevole Africa (2000), la poltrona Estesa (2000),  il divano Magellano (2003) e il divano Fan (2005), ultimo prodotto disegnato dall’architetto.

Così pure quelli presentati con De Padova: il tavolo Blossom (2002), la sedia Cirene 03 (2003) e la sedia Basket (2004).

Gli ultimi edifici realizzati sono una villa a Saint Barth nelle Antille Francesi (2002) e una a Épalinges, vicino a Losanna (2005).

Nel 2003 apre a Palazzo Ducale di Genova la mostra Vico Magistretti. Il design dagli anni ’50 a oggi realizzata dalla Fondazione Schiffini.

“Mi premeva che si vedessero gli oggetti e che l’allestimento fosse quasi invisibile. E che si vedessero gli oggetti motivati dal tempo, dall’epoca - in cui sono stati progettati e prodotti. Quindi volevo raccontare un percorso, raggruppando i prodotti per decenni, dagli anni Cinquanta al Duemila.”

Sue opere di design sono esposte presso la collezione permanente del MoMA di New York, del Victoria & Albert Museum di Londra, del Museum die Neue Sammlung di Monaco e di numerosi altri musei in America e in Europa.

In seguito alla sua scomparsa nel settembre del 2006, lo studio, sede della Fondazione Vico Magistretti, viene convertito in un museo dedicato alla conservazione e alla divulgazione del suo lavoro.

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AA.VV., Vico Magistretti. Intuizioni concettuali tra modernità e tradizione, Lezioni di Architettura e Design del Corriere della Sera, Milano 2016

A. Koivu (a cura di), Vico Magistretti. Storie di oggetti / Stories of objects, Triest Verlag, Zurigo 2020

G. Neri (a cura di), Vico Magistretti. Architetto milanese, Electa, Milano 2021

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Interviste

Vico Magistretti, tratto dalla trasmissione Mondo Politecnico, e.tv
1'14''
Vico Magistretti, a meeting in Milan 1998
5'23''
Vico Magistretti. Il mestiere a Milano. Ordine degli Architetti 2001
39'38''
Magistretti e l'Italian Design
15'27''
Interview with Vico Magistretti, NABA
4'24''
Maestria come Magistretti, trailer
4'27''